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Breve storia del Cristo Nero

Le origini

Codroipo conserva un prezioso crocifisso ligneo, proveniente da Venezia, dove per secoli fu oggetto della pietà cristiana, il quale al tempo stesso è anche documento storico incomparabile ed eccelsa opera d’arte rinascimentale.

Quello che i codroipesi chiamano il Cristo Nero, per il colore bronzeo che lo riveste, è innanzitutto un dono. Una simile opera difficilmente sarebbe giunta a Codroipo in epoca napoleonica, se chi ne consentì il dono alla Chiesa arcipretale di S. Maria avesse ben conosciuto la sua storia. Una storia che mette le sue radici nel medioevo, quando a Venezia come in altre parti d’Italia e anche a Codroipo, incominciarono a sorgere nelle chiese le prime confraternite laicali, e la prima fu quella dei Battuti, seguite poi da innumerevoli altre, formate da appartenenti ad un'arte o mestiere oppure da laici che si riunivano per scopi di carità e assistenziali. Fra queste nacque nella chiesa di San Fantin vicino al Teatro alla Fenice, una confraternita o “scuola” come si diceva allora, detta Scuola di San Girolamo, poi di Santa Maria della Consolazione o “dei Picai”, formata da laici e religiosi che presero a cuore l’assistenza ai condannati a morte, le cui esecuzioni avvenivano in Piazza San Marco, sul patibolo o sulla forca, a seconda della pena, fra le due colonne di S. Marco e S. Teodoro. I confratelli della scuola, vestiti di nero saio e incappucciati dietro questo loro “pennello” o stendardo scolpito, precedevano e seguivano con ceri accesi il corteo della giustizia salmodiando e pregando, fino al luogo dell’esecuzione, dove al condannato a morte era fatta baciare la venerata immagine. Questo Crocifisso dei Picai, a forma di tronco d’albero e sormontato dal pellicano, immagine di Cristo che dà il suo sangue, originariamente era colorato e non nero come lo si vede ora. L’immagine è chiaramente ispirata dal “Lignum vitae”, cioè la croce come albero della vita, tipica della liturgia del Venerdì Santo e diffusa fin dal medioevo dalla spiritualità francescana e di S. Bonaventura.

Dopo le requisizioni napoleoniche del 1806 in cui tutte le confraternite e opere pie furono espropriate, anche quella dei Picai seguì le stessa sorte e il suo patrimonio artistico prese le vie della Francia, o della Galleria di Brera a Milano oppure rimase nei depositi in attesa di alienazione.
La sorte volle che cappellano della confraternita a Venezia fosse allora D. Leandro Tiritelli fratello dell’arciprete di Codroipo, il quale si trovò all’improvviso senza la sua “Scuola”, senza casa e senza lo stipendio che gli consentiva di vivere. Fu lui a segnalare al fratello Zaccaria l’esistenza di questo pregevole Crocifisso e fu lui ad impetrare dalla autorità dell’Ispettorato delle Finanze di Venezia che questa immagine, anziché finire nei depositi, fosse concessa in dono alla chiesa di Codroipo dove suo fratello era arciprete. Dopo un primo esame anche per valutare se valeva la pena venderlo oppure no, considerato che le lamine d’argento votive di cui era ricoperto il tronco della croce valevano ben poco, l’Ispettorato diede l’assenso, Così il primo dicembre 1808, preceduto anche dalla fama di “miracoloso”, il Crocifisso della Scuola Grande di S. Fantino giunse a Codroipo, via Portogruaro, e fu accolto dall’arciprete Tiritelli che lo tenne custodito nella Canonica, in attesa di realizzare nella chiesa un adatto luogo onde esporlo. Finalmente il 31 marzo 1809, Domenica delle Palme, il Cristo nero “con solenne pompa [fu] situato nella magnifica arca con grande concorso di popolo dopo la Predica il dopo pranzo prima della esposizione del SS.mo Sagramento per le Quaranta ore”.
Da allora un susseguirsi ininterrotto di atti di devozione e infiniti gesti di pietà popolare dei codroipesi e non solo, hanno accompagnato il Cristo Nero, e di ciò ne erano riprova le tantissime placche sul tronco della croce e le targhe argentee per grazia ricevuta di cui era adorna la sua cappella a Codroipo. Gli autori e storici dell’arte delle poche pubblicazioni che di lui si sono occupate, talvolta anche malamente, ritenevano che questo “Crocifisso di notevole qualità ed interesse” che stava a Codroipo, fosse di mano d'Alessandro Vittoria perché confondevano l’autore della ricostruzione della Scuola vicino a San Fantin, distrutta da un precedente incendio nel quale il crocifisso si salvò miracolosamente, con l’autore dello stesso al quale lo attribuirono. Sono invece del Vittoria le statue bronzee originali che nella Scuola stavano ai lati del Crocifisso, oggi sull’altare originale di pietra nera di paragone dove questo era esposto, traslato a Venezia ai Santi Giovanni e Paolo, mentre a Codroipo stanno modeste copie di legno.

Nel 1909 e nel 1959, cioè nel primo centenario e nel centocinquantesimo anno dalla traslazione del Cristo Nero, Codroipo indisse solenni e straordinarie celebrazioni con intervento dell’arcivescovo di Udine (nel 1909 addirittura Mons. Anastasio Rossi fece a Codroipo le consacrazioni sacerdotali di quell’anno) ed eccezionale concorso di popolo, così come avvenne nel 1989 con la presenza del card. Glemp.