I motivi della riforma
Nella celebrazione dei Santi Patroni lo scorso 11 luglio 2018 l’Arcivescovo Andrea Bruno ha consegnato alla Diocesi il Documento che istituisce le Collaborazioni Pastorali (CP). Nel de-creto di promulgazione sottolinea la necessità «di favorire una stabile e organica collaborazione tra le parrocchie», offre un nuovo modello di relazione pastorale fra le comunità che condividono un medesimo territorio e stabilisce che «il documento entri in vigore il 1 settembre 2018».
Quindi, ci siamo. È finito il tempo della ricerca, dell’approfondimento, del confronto e della discussione ed è giunta l’ora dell’azione. La nostra Diocesi si è trovata constatare che da molto tempo ormai anche in Friuli è iniziato un processo di trasformazione culturale e religiosa. Pertanto il cambiamento di cui il progetto delle CP si fa carico, non è il frutto di una decisione ideologica quanto la necessità di dover reagire alla stringente realtà dei fatti. Davanti agli occhi si è materializzato un bivio: o progettare nuovi sentieri pastorali per una realtà ormai già modificata, oppure accettare di morire lenta-mente rimanendo ancorati al “si è sempre fatto così”. Consapevole della gravità dell’ora presente, l’Arcivescovo ha scelto la via di una nuova progettazione pastorale.
Sui passi del Sinodo Udinese V
Il progetto delle CP ha mosso i suoi primi passi sulla frontiera di un’analisi sociologica, inte-grata dall’apporto di numerosi incontri di tutti gli organismi di rappresentanza ecclesiale. Ad un cer-to punto è emersa la consapevolezza di essere giunti agli stessi risultati di 30 anni fa, quando il Sinodo Diocesano Udinese V aveva offerto una lettura lucida e profetica dell’evoluzione socio-religiosa del Friuli. Già allora si prospettavano chiaramente dinamiche di sofferenza demografica con il conseguente spopolamento di territori sempre più ampi; crisi della famiglia e conseguente aumento delle fragilità sociali; crisi della fede e conseguente abbandono della frequenza alle litur-gie, dei sacramenti e della stessa appartenenza alla Chiesa. Il tutto segnato da una pesante crisi vo-cazionale. L’indicazione pastorale conseguente era quella della collaborazione interparrocchiale e di un urgente “soprassalto di missionarietà”.
Una dolorosa battuta d’arresto
Dobbiamo ammettere l’amara constatazione che il cammino sinodale non ha avuto una tradu-zione pastorale conseguente e che il testo delle Costituzioni Sinodali ha subito un lento oblio, ali-mentato anche da correnti interne alla Chiesa che ne hanno contrastato la recezione. Così è rimasta imbavagliata la voce del Friuli credente e si è andata affermando una “retorica della crisi”, alimen-tata più dal pessimismo che da uno sguardo di fede sul futuro.
La “pastorale integrata”
In sette anni di ricerca, a partire dal 2011, la nostra Diocesi ha voluto riprendere il cammino in-terrotto, pertanto il progetto delle Collaborazioni Pastorali può essere considerato il “decreto di at-tuazione” del cammino sinodale della Chiesa friulana.
Come già ricordato, il Sinodo aveva dunque già elaborato il metodo della collaborazione inter-parrocchiale (SDU-V 136) ed esortava le parrocchie a operare unitamente in una pro-spettiva di evangelizzazione condivisa nel segno di una pastorale integrata, così come l’hanno definita successivamente i vescovi italiani: «Le parrocchie non possono agire da sole: ci vuole una pastorale integrata in cui le parrocchie si collegano tra loro, con forme diverse a seconda delle situazioni ... si cerca di mettere le parrocchie "in rete" in uno slancio di pastorale d'insieme» (CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 11).
Pastorale integrata significa individuazione dei soggetti, assunzione di responsabilità gli uni verso gli altri, condivisione della medesima passione per il Vangelo, appartenenza alla stessa Chiesa e comune senso di responsabilità nei confronti del mondo.
Alla scuola della ricostruzione …
Chi afferma che a rimetterci saranno le piccole parrocchie non ha compreso lo spirito e i conte-nuti di questa proposta. La pastorale integrata obbedisce in un certo senso alle regole edilizie del post terremoto. Gli edifici storici, indeboliti dalle forti sollecitazioni, si sono salvati grazie alla lega-tura delle singole parti in una nuova unità strutturale. I materiali non sono stati né modificati né so-stituiti ma resi forti da un intervento basato sul principio di solidarietà. La pietra, il legno, il metallo e i laterizi sono potuti rimanere al loro posto grazie a un ulteriore elemento, solidale a ciascuno di essi e nello stesso tempo solidale all’intero edificio.
La collaborazione Pastorale
Così questo progetto si chiama Collaborazione Pastorale proprio perché non ha come obiettivo la modifica dei confini che da secoli identificano le parrocchie diffuse sul territorio. Con questa scelta si è intenzionalmente voluto evitare l’accorpamento e mantenere il protagonismo dei soggetti, evitando di spostare l’attenzione dalla parrocchia ad un’anonima appartenenza di area vasta. Quindi il concetto di collaborazione non tocca la carta di identità dei soggetti, li invita semplicemente a sentirsi una famiglia. E in una famiglia che si rispetti la prima preoccupazione e le energie migliori vengono riservati ai membri più piccoli e più fragili affinché possano crescere o guarire per ripren-dere i propri servizi.
Al servizio dell’annuncio
Infine l’obiettivo non è la sopravvivenza ma l’annuncio ovvero il risveglio della vocazione missio-naria della Chiesa friulana. È ancora il Sinodo a indicare gli strumenti: «i criteri per promuovere un'azione e una presenza pastorale della Chiesa locale devono essere desunti dal confronto con la parola di Dio, trasmessa e proposta nella viva tradizione della Chiesa. Questa presa di coscienza ecclesiale è più che mai necessaria nel contesto del Friuli, dove le comunità cristiane locali piccole e povere stanno diventando una realtà sempre più estesa, in concomitanza con il calo demografico e il depauperamento sociale di alcune zone» (SDU-V, 120).
Ed è così che finalmente il lungo cammino sinodale ha ripreso vita nel progetto delle CP. Se accolto con senso di responsabilità e, perché no, anche con entusiasmo, po-trà inaugurare nella nostra Chiesa una nuova stagione missionaria.