Due delle caratteristiche riconosciute al nostro presbiterio e, di conseguenza, alla nostra Chiesa friulana, sono la vivacità del pensiero e la pluralità dell’espressione. Sono valori grandi che offrono il “sigillo di garanzia” dello Spirito Santo la cui fantasia produce sempre una unità per differenza. Può sembrare un paradosso ma ce lo ricorda l’apostolo Paolo: dallo stesso Spirito scaturiscono diversi doni. Dallo stesso Signore diversi ministeri. Dallo stesso Dio diverse attività (1Cor 12).
La natura stessa della Chiesa è di essere plurale e una allo steso tempo. Non riconoscere questo come un valore produrrebbe un appiattimento e nello stesso tempo un allontanamento dall’icona ecclesiale dipinta in epoca apostolica.
Pertanto da una seria riflessione teologica e dai numerosi documenti giunti alla commissione da tutta la diocesi è maturata la convinzione che lo strumento a cui stavamo lavorando doveva custodire le diverse espressioni ecclesiali, evitando di generare una sorta di koinè pastorale, generica e impersonale. Uno degli scritti più famosi di mons. Tonino Bello esprime molto bene questo principio quando afferma che «la pace è convivialità. È mangiare il pane insieme con gli altri, senza separarsi. E l’altro è un volto da scoprire, da contemplare, da togliere dalle nebbie dell’omologazione, dell’appiattimento». Se questo vale per il dialogo fra popoli e culture diverse, ancor più vale nell’intreccio del tessuto ecclesiale, così come lo ha disegnato lo Spirito. E se «la pace è convivialità delle differenze» lo è ancora di più la comunione ecclesiale.
È questo il cuore del nostro progetto. Le diverse soluzioni pastorali, i nuovi consigli, i ministeri, la riorganizzazione delle relazioni all’interno delle comunità e molto altro hanno come finalità la comunione.
Ecco allora le ragioni del titolo dell’intero documento “Siano una cosa sola perché il mondo creda” che, in fondo ne esprime anche il contenuto. Citiamo qui alcuni passaggi del primo numero del documento ecclesiale:
«Siano una cosa sola perché il mondo creda. Si tratta di un’espressione della preghiera sacerdotale di Gesù custodita nel Vangelo di Giovanni. È un inno di ringraziamento al Padre per l’opera che gli ha affidato e che ora si è compiuta. Al culmine della sua preghiera Gesù invoca per i suoi discepoli il dono dell’unità, sigillo necessario per poter riconoscere l’autentico volto della Chiesa nello svolgersi del tempo. Gesù non auspica un semplice atteggiamento di comunione fraterna ma offre ai discepoli il dono dell’unità come bene da accogliere e da custodire. L’origine e il modello della comunione ecclesiale è quindi l’amore tra il Padre e il Figlio che viene donato dallo Spirito alla Chiesa perché essa ne sia sacramento, cioè segno e strumento.
Tutta l’azione pastorale della Chiesa ha come unico obiettivo quello di accogliere dallo Spirito Santo il dono dell’unità per generare un tessuto di comunione. […]
Il mandato pastorale fondamentale che Cristo ha consegnato alla Chiesa è quindi di agire affinché dalla contemplazione dell’icona trinitaria si manifestino relazioni aperte all’ascolto, al dialogo, al confronto e alla collaborazione nell’unità. Solo rimanendo ancorati a questo fondamento sarà possibile una nuova stagione pastorale […]
La Chiesa può mostrare il suo vero volto solo se, accanto ai principi, genera relazioni vive che pulsano della carità di Cristo, animate dal suo Spirito. Il vangelo dell’unità per essere creduto deve essere narrato prima con i fatti e poi con le parole (papa Francesco)».
Se la uni-pluralità così disegnata è il fondamento prezioso del nuovo progetto dobbiamo però essere sinceri e realisti. Le differenze, ricchezza della nostra Chiesa, spesso non si sono trasformate in convivialità ma in militanza e il tessuto ecclesiale anziché arricchirsi di nuove trame e di nuovi colori ne è uscito strappato. Così la possibilità della comunione si è trasformata in divisione con conseguenze dolorose e un progressivo rallentamento dell’intero cammino ecclesiale.
Ecco perché nel presentare questo documento ai presbiteri della Diocesi incontrandoli nelle nuove otto foranie, l’Arcivescovo ha richiamato in modo accorato la necessità di una nuova alleanza innanzitutto fra il Vescovo e il presbiterio e poi fra il Vescovo e tutta la Chiesa a lui affidata. E dobbiamo esserne consapevoli: solo da questa alleanza la Chiesa friulana potrà ricevere il respiro necessario a trasformare un progetto scritto sulla carta nella realtà di un nuovo inizio.
Mons. Ivan Bettuzzi
Delegato episcopale per l’attuazione del progetto