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Arnie al servizio del Vangelo

L'augurio di Pasqua a tutta la Collaborazione Pastorale

Le celebrazioni della notte di Pasqua portano con sé un antico rito medievale: la benedizione del cero e la proclamazione del Preconio Pasquale, una composizione che annuncia la risurrezione e che viene cantata dal diacono all'inizio della veglia, accanto al cero.
Il testo antichissimo, le cui radici sono da ricercarsi già nel terzo secolo, inizia con la parola Exultet, da cui prende popolarmente il nome. In una chiesa illuminata da centinaia di candele l’inno risuona solenne come una dichiarazione e intenso come una poesia. Ripercorre tutta la storia della salvezza creando una raffinata tessitura che collega il filo di ogni evento al mistero di Cristo. Così l’assemblea che celebra la Pasqua ripercorre i sentieri dell’Eden al fianco di Adamo, sale il monte Moria accompagnando Abramo e il figlio Isacco, attraversa il Mar Rosso, intravvede la colonna di fuoco che splende nella notte del deserto… sull’immagine di questa luce antica viene acceso il fuo-co nuovo fuori dalla chiesa da cui viene attinta la fiamma per accendere il cero. Come dice la pre-ghiera di benedizione il fuoco è simbolo «della gloria» che risplende in Gesù risorto ma anche energia per «accendere in noi il desiderio del cielo».

La luce del cero Pasquale: si accende e viene diffusa dai presenti la notte di Pasqua


Questa luce per potersi diffondere deve poter contare sui ceri che vengono consegnati a tutti i presenti. Perciò l’antico inno dedica una strofa al lavoro delle api: «… questo lume pasquale … pur diviso in tante fiammelle non estingue il suo vivo splendore, ma si accresce nel consumarsi della cera che l'ape madre ha prodotto per alimentare questa preziosa lampada». Perché la luce possa essere diffusa è necessario il lavoro umile e nascosto nell’oscurità delle arnie. È un passaggio fon-damentale. La Pasqua porta in sé tutta l’energia di Dio, capace di «sconfiggere il male, lavare le colpe, restituire l'innocenza ai peccatori, la gioia agli afflitti, dissipare l'odio, piegare la durezza dei potenti, promuovere la concordia e la pace...», ma perché tutto questo si realizzi è necessaria la mediazione dell’opera nascosta di chi prepara concretamente ciò che permetterà a questa luce di diffondersi.


In questa Pasqua mi sembra utile richiamare alla vostra attenzione questa immagine antica. Da 1700 anni, ad ogni Pasqua la Chiesa rinnova questa convinzione: non basta accendere un fuoco per sconfiggere la notte; non basta cioè richiamare l’evidenza dei principi, dei valori, dei sentimenti che servono a sostenere una società. Evidenziare il bene e riconfermarlo è necessario ma non suffi-ciente. È indispensabile accompagnare le professioni di fede e di valore con il lavorio nascosto di chi prepara ciò che serve al bene per diffondersi. Solo così una fiamma viva può illuminare i volti di un’intera comunità: solo così ciò che arde nel cuore di una appartenenza può accendere percorsi ed esperienze che possono “vedere la luce” di nuovi inizi.


È questo il grande sforzo della nostra Chiesa diocesana che da quasi un anno, ormai, ha dato inizio ad un importante processo di riforma. Le parrocchie hanno intrapreso un cammino di tra-sformazione che le porta a progettare “in rete”, a stabilire forme stabili di collaborazione e a farsi carico delle esigenze e delle fragilità delle altre comunità confinanti, sentendo di costituire con esse un unico popolo in cammino. Al centro di questa grande riforma c’è la consapevolezza di avere un tesoro prezioso da condividere con le donne e gli uomini del nostro territorio, un “fuoco nuovo” alimentato dall’energia del Vangelo. Ma c’è anche la consapevolezza, ed è questa la sfida, che per potersi diffondere questa fiamma deve poter contare sull’opera nascosta di tanti credenti che prepa-rano con cura ciò che consentirà la sua trasmissione.


Molto si è fatto in questo primo anno di attuazione del progetto. In modo particolare si è dato spazio alla formazione e sono centinaia le persone di tutte le età che hanno preso parte al percorso offerto dalla Diocesi. Ora inizia il tempo delicato in cui ogni credente sarà chiamato a comporre la cera della collaborazione. Alle famiglie verrà chiesta la disponibilità a superare gli schemi del “si è sempre fatto così” e a coinvolgersi in nuove forme di catechesi, formazione, servizio che dovranno aprirsi necessariamente al territorio, alle sue caratteristiche e alle sue necessità. Agli operatori pa-storali verrà chiesto di sentirsi appartenenti ad un unico gruppo allargato che metterà in relazione stabile i singoli ambiti perché si formino e progettino insieme. Ai presbiteri, diaconi e religiosi ver-rà chiesto di sentirsi responsabili di tutte tredici le parrocchie e non soltanto di quella per la quale sono stati inizialmente incaricati.


È questa la cera che potrà permettere al fuoco del vangelo di diffondersi come luce e come ca-lore in tutte le realtà del nostro territorio. E sentiremo l’urgenza di produrla con il nostro impe-gno quotidiano quanto più saremo consapevoli che dovrà «alimentare la preziosa lampada» dell’annuncio del vangelo, della celebrazione dei divini misteri e della testimonianza della carità.
Ed è forse questa la più alta profezia che dalla Pasqua cristiana potremo testimoniare ai nostri contemporanei. Nel tempo in cui tutto si privatizza, si spengono le ragioni dell’appartenenza e aumenta, di conseguenza, il conflitto politico e sociale i credenti come piccole api lavorano per costruire forme di incontro, di sussidiarietà e di collaborazione.
E sarà la materia umile del nostro impegno nascosto a garantire che, pur in tempo di grandi trasfor-mazioni, continui a brillare fra di noi quella «luce che mai si spegne» che da quasi due millenni viene riaccesa nelle nostre chiese:

Ti preghiamo, dunque, Signore, che questo cero,
offerto in onore del tuo nome
per illuminare l'oscurità di questa notte,
risplenda di luce che mai si spegne.
Salga a te come profumo soave,
si confonda con le stelle del cielo.
Lo trovi acceso la stella del mattino,
questa stella che non conosce tramonto:
Cristo, tuo Figlio, che risuscitato dai morti
fa risplendere sugli uomini la sua luce serena
e vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

Buona Pasqua.

 

Api operose